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Cari amici,

come posso pensare di non parlare con voi, se so che il mio mondo, a volte, col vostro gentile permesso, entra nelle vostre vite e per qualche momento vi porta da me? Con i miei personaggi, le ambientazioni, le emozioni che da me passano a voi. Eppure questi elementi da qualche parte a me sono venuti e allora, ecco!, io non sono che un tramite. E allora questo ruolo posso accettarlo, quello di tramite, non certo quello di demiurgo, che sarebbe troppo, decisamente, per le mie deboli spalle.

Detto questo, vorrei offrirvi un breve racconto che fu pubblicato tempo fa sul sito Scrivere Creativo. L’ho scelto perché parla della neve e dell’inverno. L’occasione è quella di partecipare a una interessante iniziativa proposta da Alessia Savi, che vi metto qui.

Link party d’Inverno per Autori Indie | Alessia Savi

Ecco, io amo l’inverno, non posso farci nulla. E mi intristisco quando le giornate cominciano ad allungarsi e il sole non è più una lieve carezza calda, ma una manata di afa, anche quando attorno la gente ancora porta gli abiti pesanti. Sono una creatura invernale, forse perché sono nata a febbraio. Mi trasferirei in Alaska. Ma non posso ok, quindi ecco il mio sogno di neve.

LA NEVE

neve-300x300Il sole sbirciava dall’imposta lasciata un poco aperta. Paola si girò dall’altra parte abbracciando il cuscino: dormire ancora un po’, questo voleva. Ma la luce maligna scoccava frecce che infrangevano il buio dietro le palpebre. Il bel sogno che stava facendo non si decideva a tornare, per cui si rassegnò ad alzarsi. Sbirciò la forma allungata accanto a sé nella penombra. A lui certo il sole non dava fastidio, avrebbe continuato a dormire all’infinito. Fece un respiro profondo: cominciare la giornata con l’invidia non era la migliore delle opzioni. Si alzò senza fare rumore e uscendo dalla camera accostò la porta.

Si fece strada barcollando attraverso la cucina verso la macchinetta del caffè. I gesti automatici produssero il solito effetto rassicurante, mentre aspettava l’amato brontolio si sforzò di non guardare altro che la luce intensa al di là delle tende. Solo dopo che il caffè le ebbe bruciato la lingua si costrinse a guardarsi intorno: riviste aperte, vestiti, plaid colorati, una scarpa solitaria per terra, i piatti del giorno prima nel lavello, la bottiglia dell’olio aperta sul ripiano, il netbook sul tavolo, fra i bicchieri e l’incarto della pizza. Libri accatastati su tutte le superfici piane, un asciugamano su una sedia, un ombrello su un’altra. Inspirazioni profonde ed espirazioni lente, per calmarsi. Poi qualcosa scattò. Invece di cominciare il solito rito, saettò in bagno, si preparò e si precipitò fuori di casa.

Appena fuori dal portone un abbraccio freddo le gelò la rabbia e lo spettacolo la lasciò senza fiato: durante la notte era caduta la neve. Era tutto bianco, il marciapiede, i tetti delle macchine, gli alberi che punteggiavano la via. Era molto presto e solo poche persone erano in strada, e come lei erano prese da quella strana magia al rallentatore. Fra un attimo avrebbero cominciato a bestemmiare, per le difficoltà che la neve avrebbe portato, ma adesso ancora era l’incanto a regnare. La luce diffondeva il riflesso abbacinante di un mondo immerso nella purezza, come se il caos fosse stato per un momento domato e tutto fosse perfetto, come se la natura vera delle cose si fosse mostrata in un’epifania. Paola fece qualche passo, il soffice manto bianco scricchiolava sotto i piedi, prese una manciata di neve dal tetto di una macchina, se la avvicinò alle labbra e sorrise. Immaginò di riuscire a portarla su, di entrare in camera da letto e di sganciare la palla di gelo sul collo di Ivan. Si mise a ridere, sbriciolò la neve fra le mani e decise di tornare.

Salì lentamente le scale che aveva disceso veloce sull’onda del rancore. Chiuse la porta dietro di sé e lo spettacolo la bloccò: il disordine era sparito, il soggiorno era perfetto, la colazione pronta in tavola e Ivan, tutto spettinato e trafelato, con la chitarra in mano intonò: do minore, re minore, la minore e sol settima: “C’era una volta una gatta…” con la sua voce da baritono. Un sorriso sfrontato gli illuminava il volto. A Paola non rimase che ridere … e applaudire.